Ebbene si. L’opera di Jake e Dinos Chapman che vedete riprodotta qui a sinistra è stata censurata e rimossa dalla collezione del MAXXI di Roma. Il perché non è difficile da immaginare. Il lavoro è una scultura in fibra di vetro intitolata Peggyback e rappresenta due ragazze (ragazzi?) nude sedute uno sulle spalle dell’altra. Dalla bocca di una esce un pene e la posizione delle due potrebbe indicare chiaramente chi ne sia il proprietario.
Gli espliciti riferimenti sessuali hanno provocato diverse lamentele verso l’Osservatorio dei Diritti dei Bambini che, contattato il Ministro della Cultura Dario Franceschini, ne ha ottenuto la rimozione. Tutto ciò non fa altro che attualizzare la polemica accesa qualche settimana fa in Inghilterra dalla dichiarazione di Jake Chapman secondo cui portare i bambini al museo è un’assoluta perdita di tempo.
La direttrice del MAXXI Anna Mattirolo ha dichiarato che prese di posizione come questa sono un vero e proprio attentato alla libertà di espressione degli artisti mentre per Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio, queste immagini non fanno altro che alimentare il fenomeno della pedopornografia.
L’arte contemporanea fa parlare ancora una volta di sé attraverso una polemica. Dov’è il confine fra arte e provocazione? Non è una novità che tutta l’arte dei fratelli Chapman critichi attraverso immagini forti e crude i mali della società odierna. È anche vero che l’opera in questione è davvero forte e forse non proprio adatta a essere presentata a un bambino. Ma è giusto per questo negarne la visione anche a chi potrebbe recepirne il giusto messaggio? Non è forse meglio posizionarla in un luogo nel quale poi sia possibile regolare l’ingresso?
Intanto l’opera tanto discussa è stata rimossa e sarà molto difficile che venga riabilitata. Ma come ci è arrivata nel museo romano? Fu donata alla sua morte da Claudia Gian Ferrari, collezionista, gallerista e storica, famosa anche per aver destinato in prestito permanente al FAI, 44 capolavori per la sede milanese di Villa Necchi Campigli. Una donna che l’arte la sentiva in tutte le possibili declinazioni e che affrontava, godeva e cercava di leggere con la stessa passione un’opera di Morandi, di Sironi o di De Chirico, così come un’opera di Luigi Ontani, di Damien Hirst e, ovviamente, di Jake e Dinos Chapman.