Ogni opera, rigorosamente dipinta a mano libera, consisteva nella scritta bianca su fondo nero della data del giorno seguendo le convenzioni del paese in cui l’artista si trovava a lavorare in quel momento: se si era negli Stati Uniti, la data cominciava con il nome del mese in inglese, seguita dal giorno e dall’anno, in Europa il giorno precede il mese, ecc. L’opera veniva poi riposta in una scatola artigiale insieme a un frammento di quotidiano di quel giorno. Qualora il lavoro non fosse terminato entro la mezzanotte, l’opera veniva distrutta perché non sarebbe stata più un dipinto giornaliero.
Il tempo vissuto sia dal punto di vista individuale che da quello storico, diventa l’oggetto dell’opera di On Kawara. Attraverso la casualità della scelta del frammento del quotidiano e quindi del titolo da inserire nella scatola, i dipinti-data rappresentano una sorta di evoluzione della nostra società dal 1966 alla data dell’ultima opera portata a termine, quindi si presume ieri o ieri l’altro dato che scopo iniziale dell’artista era di terminare solo alla data della sua morte. Esistono quindi oltre duemila opere più o meno simili nell’aspetto: i infatti lavori non hanno subito radicali trasformazioni nel corso delle cinque decadi in cui sono stati realizzati.
In questa serie di lavori protratta con una determinazione quasi maniacale per tutti questi anni, si può leggere tutta la pazienza e la costanza caratteristiche di una cultura giapponese per tanti versi molto distante dalla nostra e che hanno fatto di On Kawara un faro per qualsiasi aspirante artista concettuale.