Può un orinatoio rovesciato avere lo stesso valore artistico del capolavoro di Leonardo da Vinci la “Monnalisa”? Per gli storici dell’arte, questo è un fatto ormai appurato, di cui è anche inutile continuare a discutere. Fra i profani, invece, la perplessità davanti a quest’opera sorge spontanea e ancora in tanti storcono il naso. Il problema è che i profani sono la maggioranza e se è vero, come pensava Joseph Beuys, che l’arte è speranza e ha un forte potere salvifico per la vita come per la società, allora sarebbe meglio tentare di far sì che sempre più persone vi si avvicinino.
Eppure per molti addetti ai lavori, l’arte è e deve rimanere un mondo per pochi eletti, inavvicinabile dalla massa. Solo così essi possono mantenere le proprie posizioni di privilegio e circondarsi di quell’aura di mistero e di conoscenza assoluta che agli altri manca. È per questo motivo che i testi critici che vogliono spiegare l’orinatoio recitano “cortocircuito semantico decontestualizzante” per dire semplicemente che un oggetto è presentato in uno scenario insolito (cit. tratta da “A letto con Monnalisa”).
Con lo spettacolo “L’arte è una caramella” Carlo Vanoni vuole andare controcorrente e fare proprio quello che gli “esperti” non fanno: raccontare la storia dell’arte con un linguaggio addolcito per raggiungere proprio tutti, soprattutto chi ama l’arte ma detesta quella contemporanea. E lo fa servendosi di musica, di strumenti di scena, svelando aneddoti e usando l’ironia. Così la Monnalisa di Leonardo è paragonata alla Marilyn di Andy Warhol, il taglio di Lucio Fontana accostato alla “Primavera” di Botticeli e il famoso orinatoio di Marcel Duchamp a Caravaggio.
Con la regia di Gian Marco Montesano, colto e poliedrico artista, “L’arte è una caramella” è stato messo in scena ieri sera al Teatro Stabile di Verona. Un monologo che diventa una performance e che vuole dimostrare che l’arte, da Giotto a Leonardo, fino a Manet, Van Gogh e poi agli artisti dei nostri giorni, è stata, è e sarà sempre contemporanea.