Purtroppo è saltato per un impegno imprevisto dell’artista il collegamento via Skype con Vanessa Beecroft programmato dalla Scuola d’Arte di Expo2015 presso Expo Gate, ma l’oretta e mezza di discussione coordinata da Giacinto Di Pietrantonio e Laura Cherubini è stata in ogni modo molto interessante. Suoi docenti all’Accademia di Brera, i due hanno raccontato del loro primo incontro con questa ragazza timida nei modi ma di un’intelligenza molto fine e acuta – “Le sue domande durante le lezioni non erano quelle che avrebbe potuto fare una studentessa alle prime armi. Avevano una profondità tale che sembravano essere poste da un’artista con alle spalle anni di esperienza.”
Oltre che dalla persona, i due erano rimasti affascinati dai lavori della ragazza: Vanessa infatti, cosa ai più poco nota, era ed è un’abilissima disegnatrice e per questa sua capacità, Di Pietrantonio la candida come giovane artista per esporre presso la galleria di Luciano Inga Pin di Milano in occasione del Salon Primo dell’Accademia di Brera. Il lavoro era basato, oltre che su suoi disegni e acquerelli, su un diario che l’artista teneva da otto anni in cui appuntava tutto ciò che mangiava, l’ora e soprattutto il colore del cibo che, secondo Vanessa, poteva influire sul colore del corpo, dei capelli e sull’umore delle persone. All’esposizione vennero invitate anche una trentina di studentesse alle quali vennero fatti indossare gli abiti vintage del guardaroba personale dell’artista e che furono lasciate libere di vagare per la sala senza precise istruzioni. Da questa prima performance e dalla reazione del pubblico nasceranno tutti i suoi lavori futuri.
Alcuni di questi erano proiettati sulle pareti dell’Expo Gate che ospita tutti gli incontri della Scuola d’Arte di Expo2015. Nominati con le iniziali dell’artista e con un numero (es. VB53, VB61, VB63) i lavori si collegano al tema del cibo di Expo2015. Il rapporto con l’alimentazione è sempre stato al centro del lavoro della Beecroft, a partire dalla prima performance, una documentazione dei problemi personali di bulimia e anoressia che diviene poi documentazione del problema sociale dei giorni nostri di queste malattie.
Pur parlando di contemporaneità, i lavori di Vanessa si confrontano con la storia dell’arte e sono intrisi di riferimenti ai grandi maestri del passato. La professoressa Cherubini ha fatto notare il parallelismo tra il diario sul cibo di Vanessa e quello che teneva il Pontormo, grande artista manierista fiorentino, che appuntava nelle pagine, a fianco ai lavori effettuati, l’elenco delle pietanze dei suoi pasti. Riferimenti relativi al modo di comporre le opere si possono trovare invece nell’arte fiamminga, nei nudi di Cranach come nelle figure allungate e affusolate del Parmigianino. Le sue modelle sono scelte con attenzione rispetto ai canoni ricercati dall’artista e il colore dell’incarnato che appare nei video o nelle foto è sempre frutto di un make-up che la Beecroft e gli assistenti effettuano sui corpi prima che la performance inizi.
In chiusura dell’evento la Cherubini ha raccontato i retroscena che si celano dietro la famosa fotografia di Vanessa Beecroft che allatta due bambini di colore. L’artista partita per il Sudan, incontra in un locale sporco e maleodorante orfanotrofio questi due bimbi e se ne innamora subito: sono orfani di madre e il cui padre non riesce a farsi carico del loro sostentamento. Vuole adottarli ma il marito si rifiuta. Vanessa allora regala al padre una bicicletta e una mucca, beni essenziali per lavorare e per sostenersi nella società africana, e nasce un progetto charity a favore del Sudan, di cui quelle foto fanno parte.